Il Museo Archeologico Nazionale di Eboli e della Media Valle del Sele ha sede nel complesso monumentale di San Francesco d'Assisi. Prima dell’ultimo conflitto mondiale era adibito a sede del Municipio, della pretura e del locale Ginnasio. I bombardamenti della guerra ne determinarono la parziale distruzione e l’abbandono. Un restauro recente lo ha restituito all’uso pubblico, nel 2000 l’intera ala occidentale del complesso è messa a disposizione da parte dell’Amministrazione Comunale della Soprintendenza Archeologica, che ne ha curato l’allestimento. Il Museo raccoglie reperti, prevalentemente corredi tombali, provenienti dal centro antico di Eboli, dalla collina di Montedoro e dal sito archeologico di San Vito al Sele. Altri spazi sono riservati a località dislocate nel territorio circostante, quali Campagna e Oliveto Citra rappresentati attraverso una scelta di corredi funerari. Una serie di salette accoglie, periodicamente, esposizioni tematiche legate alle varie attività di ricerca svolte dal Museo. Il percorso espositivo è organizzato secondo un criterio cronologico teso a rappresentare le principali fasi della vita ultramillenaria dell’insediamento.
PIANO TERRA
Nell'atrio di ingresso del Museo, è collocata una base di statua onoraria con iscrizione, unico riferimento della vita del centro in Età Romana, nota anche come "Stele Eburina". Il piedistallo era stato reimpiegato nel campanile della chiesa di Santa Maria ad Intra, nei pressi dell Castello. La dedica è a Tito Flavio Silvano (183 d.C.); questo testo epigrafico chiarisce che Eburum aveva lo statuto di Municipium, ovvero centro amministrativamente autonomo.SALA 1: La Preistoria e la Protostoria - Le più antiche testimonianze di frequentazioni risalenti al Neolitico Superiore (3500-3000 a.C.) e al Neolitico Finale (3000-2500 a.C.) provengono dall’area collinare di S. Cataldo e sono rappresentate da frammenti di vasi. Al periodo Eneolitico (III millennio a.C.) risalgono le tombe della necropoli della Madonna della Catena, che rientrano in una facies culturale molto diffusa nell’intero territorio campano, denominata cultura “Gaudo”, dal nome della contrada presso Paestum dove fu rinvenuta la sua prima più importante necropoli. Ad un momento successivo, inquadrabile tra la media e la recente età del Bronzo (XIV-XIII sec. a.C.) sono riconducibili le frequentazioni, legate alla transumanza, degli altipiani a Nord del paese attuale (località Turmine e Padula), mentre all’età del Bronzo Finale (XII-XI sec. a.C.) vanno riferiti i materiali provenienti da una delle capanne che formavano l’abitato del Montedoro, colle alla confluenza dei torrenti Ermice e Tiranna, che da questo momento in poi, diviene il luogo tradizionale dell’insediamento. Da questo abitato provengono alcuni frammenti ceramici dipinti, di tipo miceneo (Tardo Elladico III C) e di notevole pregio.
SALA 2: L’età del Ferro - I documenti al momento più numerosi dell’età del ferro ad Eboli (prima metà VIII sec. a.C.) rimandano ad un orizzonte culturale, detto delle “Tombe a fossa”, di cui è esposta una selezione di corredi tombali scavati in anni recenti nella necropoli di S. Cataldo, Via Matteo Ripa e il territorio di Oliveto Citra. I corredi sono di particolare ricchezza: le tombe maschili si caratterizzano soprattutto per la presenza di fibule (spille) in bronzo e armi, mentre quelle femminili contengono numerosi oggetti personali di ornamento quali parures di gioielli in bronzo(fibule, bracciali, orecchini) e collane di varia lunghezza in ambra e pasta vitrea. Il vasellame rinvenuto all’interno di questi corredi rivela stretti confronti con i centri indigeni della Val d’Agri. La presenza di ceramica decorata a “Tenda” attesta ulteriori legami con il mondo Enotrio della Lucania Occidentale, mentre altre forme di vasi rimandano all’orizzonte culturale di Pontecagnano. Non mancano le importazioni di vasi di tipo greco.
PRIMO PIANO
Dalla fine del VII al VI secolo a.C. - La documentazione della vita del sito in età arcaica è ancora una volta esemplificata da una scelta di corredi tombali, provenienti dalle necropoli attestate lungo le rive del torrente Tiranna (Via Generale Gonzaga, Via G.B. Vignola e località Annunziata) e nella zona semipianeggiante alla base del Montedoro. In queste necropoli un apposito spazio viene destinato alla sepoltura di neonati e bambini. I primi sono collocati in grossi contenitori d’impasto con coperchi, accompagnati dagli oggetti di ornamento e da piccoli vasi. I bambini vengono inumati in fosse terragne, adorni di fibule e di collanine di pasta vitrea; il corredo vascolare, disposto sul corpo o ai piedi, si compone di piccoli contenitori e da oggetti di ornamento. Fra le tombe di giovani se ne riconoscono alcune con ricco corredo nelle quali il defunto, secondo un rituale di tradizione greca, è stato cremato direttamente sul luogo di sepoltura. Tra il materiale rinvenuto colpisce la marcata presenza di ceramica in “bucchero”di produzione etrusco-campana, poco attestata è invece la ceramica d’importazione greca, entrambe queste produzioni ceramiche si contraddistinguono per la presenza di vasi con iscrizioni onomastiche in lingua etrusca.Il V secolo a.C. - La vita di questo centro sembra subire in questo secolo un’evidente contrazione, come dimostrato dalla diminuzione della documentazione archeologica riferita a tale periodo. Le sepolture recuperate si inquadrano prevalentemente verso la fine del V sec. a. C., i corredi si articolano principalmente su vasi legati al consumo del vino, tra questi oggetti va segnalata la presenza di una coppa a figure rosse di produzione attica, sulla quale è raffigurata una processione di danzatori e con segno inciso o graffito “ ad alberello”graffito sotto il piede. Un cratere, caratterizzato da una decorazione unica in rosso-bruna, appartenente ad un corredo maschile che testimonia gli stretti rapporti con l’area dell’antica Volcei (l’attuale Buccino), nelle cui officine fu probabilmente prodotto. Queste trasformazioni in atto, in questo arco cronologico, sono le conseguenze della conquista alla fine del V sec. a.C. della Campania da parte di Sanniti e Lucani, si riflettono nell’assetto delle necropoli e nel costume funerario.
IV-III secolo a.C.- L’espansione negli ultimi decenni del IV sec. a.C. dei Sanniti e dei Lucani, che dalle zone montuose interne si spostarono verso le pianure costiere, comportò la conquista e l’occupazione di molti centri. Anche Eboli risentì di tale situazione, come dimostrano le tombe di questo periodo. Oltre alle aree che già dall’età del ferro erano adibite alla sepoltura dei defunti, nuovi spazi alla base del Montedoro vengono ora destinati a quest’uso. I nuclei di sepolture, alternati ad ampie aree vuote, sono aggregati in gruppi familiari in cui i maschi adulti, al vertice della comunità, vengono sepolti con l’armatura completa, talvolta indossata, ma più spesso collocata dietro la testa del defunto, come un trofeo. Agli elementi di connotazione militare ai più alti livelli si accompagnano i vasi da vino e da mensa in ceramica e bronzo, gli strumenti da focolare e le terrecotte che riproducono dolci e frutti. Le sepolture femminili di rango, si caratterizzano per la presenza di gioielli in bronzo e in argento, vasi che rimandano alla sfera personale femminile, l’hydria, destinato a raccogliere l’acqua, il lebete nuziale. È a questa comunità, orientata culturalmente verso l’area interna della Lucania Occidentale, che si deve l’edificazione delle mura che cingono la rocca del Montedoro. L’allestimento museale prevede l’esposizione delle testimonianze archeologiche non solo dell’area urbana ed extraurbana di Eboli ma anche di quelle provenienti dalla Media Valle del Sele. Due centri, al momento, rientrano nel percorso espositivo: Campagna ed Oliveto Citra. L’insediamento di Campagna risulta fondamentale per le dinamiche insediative durante tutta l’antichità e rappresenta una delle tappe di rilevante importanza lungo l’itinerario Ofanto-Sele. Nel Museo sono esposti alcuni corredi tombali di una necropoli individuata in località Piantito, databile nell’ambito del IV sec. a.C. ed alcuni reperti provenienti dalla località S. Marco, databili tra il VII ed il V sec. a.C. A queste testimonianze si aggiungono quelle del territorio di Oliveto Citra, posto a controllo della via naturale che attraverso la Sella di Conza e la Valle dell’Ofanto collegava la costa tirrenica con l’Irpinia e la Daunia.
ORARI - il Museo è visitabile:
- dal martedì al venerdì, dalle ore 9.00 alle 19.00
- il sabato e la domenica, dalle ore 9.00 alle 13.30
Ingresso gratuito
Telefono: 0828 332684