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Il Monastero delle monache di Sant’Antonio Abate (noto anche come di "Sant'Antonio de Vienne") sotto la regola di San Benedetto fu fondato intorno al XIV secolo fuori le mura della città in un luogo ameno. Di esso non abbiamo notizie storiche per ben due secoli; solo nel maggio 1503, a causa delle guerre civili, l’Università di Eboli, volendo salvaguardare le monache che restavano fuori le mura, le fece trasferire dal loro monastero al posto dove attualmente stanno, in prossimità del castello Colonna. Nel 1568 la nuova dimora, un tempo destinata ad appartamenti per gli scudieri del castello Colonna, fu modificata ed ampliata. Nel 1617, secondo le preiscrizioni del Concilio di Trento, fu stabilita per le Benedettine l’osservanza della clausura. Nel 1656 la peste ridusse le religiose del monastero solo a tre, con la cui morte di estinse l’ordine monastico. Solo nel 1690 l’Università di Eboli reintegrò il Monastero delle benedettine e così il 21 maggio 1700 esso fu riaperto. In quella data il monastero contava quindici celle distinte in due dormitori e altre officine necessarie con giardino, cisterna di acqua e chiesa con coro. Il complesso fu fatto restaurare secondo lo stile del tardo barocco e assunse la forma che tuttora è possibile ammirare.


Nel 1774, Maria Carolina d’Austria, regina di Napoli, in occasione delle “Persanicam venationem” del suo augusto consorte Ferdinando IV, visitò il Monastero Benedettino di Sant’Antonio de Vienne, come testimonia una lapide nell’atrio del monastero. Con le leggi eversive, anche la comunità benedettina fu soppressa, ma malgrado i numerosi ordini di esodo le Benedettine non lasciarono il monastero. Problemi di ordine economico, tuttavia, misero in pericolo più volte la loro permanenza a Eboli. Per tale motivo, nei primi anni del XX secolo, pensarono di istituire una scuola di ricamo che avrebbe permesso di sostenere le spese e di non essere estromesse del monastero. Dopo l’apertura della scuola avvenuta nel 1913, in occasione della festa di San Benedetto, le Benedettine vissero grazie a tante altre industrie femminili: produzione di miele, lavori di cucito, ricamo, taglio, dolci per le feste, confezioni di paramenti sacri e ostie. I bombardamenti del 1943 non risparmiarono neanche il monastero, tanto che la comunità dovette riparare nella chiesa di Santa Maria La Nova a Campagna.

L’accesso principale al complesso avviene da Via delle Monache; attraverso il corpo centrale del Convento, si giunge in un atrio colonnato. La parte terminale del corpo centrale del complesso è occupata dalla chiesa di Sant’Antonio de Vienne con l’annessa sagrestia. La facciata della chiesa principale è divisa orizzontalmente da una cornice marcapiano. Nella parte inferiore, tra due lesene angolari, si apre il portone rettangolare con cornici in pietra sormontato da un medaglione raffigurante San Benedetto e Santa Scolastica; la parte superiore presenta due lesene angolari e capitelli in stile ionico. Conclude la facciata un timbro triangolare con oculo. La Chiesa si presenta a un’unica navata in stile tardo barocco a pianta rettangolare, divisa in quattro campate. La prima è coperta con volta a vela, la terza con cupola ribassata, le rimanenti con volte a botte. I fianchi della navata sono scanditi da un ordine di lesene con capitelli in stile corinzio, sulle quali si imposta la cornice aggettante. In fondo alla navata è situato l’altare maggiore in marmo policromo su cui troneggia un dipinto del ‘700 raffigurante “l’Incoronazione della Vergine con San Antonio Abate e San Romualdo, San Benedetto e Santa Scolastica”. Arricchiscono il corredo della chiesa altri dipinti: uno sulla parete destra raffigurante “San Michele Arcangelo” del XVIII secolo, e l’altro sulla parete opposta, raffigurante la “Sacra famiglia con Dio Padre” del XVII secolo; le due acquasantiere in marmo del 1653 e le pregevoli gelosie in legno intarsiato, collocate nella parte alta della navata, contribuiscono ad impreziosire l’ambiente.

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