La donna nel mondo antico doveva essere bella; la bellezza è, infatti, la caratteristica principale che ha ispirato i racconti degli aedi, dei cantori e successivamente è stata impressa nei poemi. Una donna esemplare, doveva essere dedita alla casa attraverso i lavori domestici, ai figli, al marito, doveva dedicarsi alla filatura, alla tessitura e curare soprattutto il suo aspetto fisico.
Gli ornamenti personali esposti rappresentano l’emblema della cultura di Oliveto-Cairano e testimoniano il ruolo egemone svolto da queste donne all’interno delle loro comunità, proprio attraverso l’esibizione di oggetti preziosi. Oltre ai corredi tombali provenienti da Oliveto Citra, segni tangibili della presenza di questa popolazione sono stati identificati all’interno di sepolture scoperte ad Eboli in località S. Antonio. Il ricco abbigliamento di tradizione irpino-meridionale prevedeva che tutto il corpo femminile fosse ricoperto di gioielli in bronzo, si sottolinea la presenza degli orecchini a doppio filo con un capo appiattito e avvolto a spirale sull’altro, bracciali ad arco inflesso decorati da una serie di tratti obliqui che, sempre in numero dispari coprono interamente gli avambracci della defunta. A questi oggetti si affiancano elementi riferibili a cinture, un gruppo di spirali, realizzate da un’articolata decorazione che in alcuni casi arrivava fino alle gambe, alcune conservano ancora il pendaglio che vi era sospeso. Tra le fibule o spille, sono presenti quelle del tipo a doppia spirale su supporto e a forma di cavallino. Il costume funerario era completato da una ricca acconciatura arricchita dal Tutulus, un fermarvelo di forma elicoidale in verga di bronzo, collocato alla base del cranio dove erano probabilmente raccolti i capelli a crocchia. A questi materiali si associa la presenza di fusaiole, uno strumento utilizzato per tessere e filare che allude al ruolo della donna all’interno della casa. Particolare rilievo avevano anche i monili prodotti in ambra con cui furono realizzate collane con vaghi in ambra di forma pseudorettangolare, il pendaglio ed i rivestimenti delle fibule.
……” Fetonte, figlio del Sole e dell’Oceanina Climene, desideroso di provare la sua discendenza divina, chiese al padre di poter guidare il carro del Sole. Elios diede questa opportunità al figlio, il quale però non riuscì a governare tale potere, perse infatti il controllo del carro provocando numerosi disastri sulla terra. Questo scatenò l’ira di Zeus che scagliando un fulmine contro Fetonte ne procurò la morte. Il corpo cadde nel fiume Eridano, che oggi si chiama Po, e poco dopo fu trovato dalla madre e dalle sorelle, le Eliadi che trasformate in pioppi, piansero la sua morte e le loro lacrime, toccando le acque dell’Eridano si trasformarono in ambra…”
Questa l’origine dell’ambra, come narra Esiodo e come al mondo greco è piaciuta immaginarla.
Ovidio in un passo delle Metamorfosi racconta il momento della trasformazione delle Eliadi (Met. II, 346-367):
………” E la corteccia copre le bocche che pronunciano queste ultime parole. Da essa continuano a stillare lacrime che il sole rapprende in gocce d’ambra appese ai rami: quando queste cadono nell’acqua, vengono accolte e trasportate dal fiume trasparente che le consegna alle donne latine, da portare come ornamento”
In realtà l’ambra è una resina fossile scaturita in tempi lontanissimi da alcune specie di alberi e quindi fossilizzata. Gli antichi raccoglievano l’ambra sulle spiagge, proveniva da zone dell’Europa settentrionale, dal mar Baltico, dalla Prussia orientale, dalle coste della Svezia e della Danimarca, da dove attraverso vie fluviali e carovaniere veniva trasportata. La via fluviale del Po (Eridano) rappresentava un collegamento con le zone settentrionali dell’Adriatico.
Maria D'Andrea