Che le sue origini siano nordiche è cosa piuttosto nota. Il panettone nasce all’ombra del Duomo milanese in un curioso intreccio di storia e leggenda, che ci restituisce ben tre storie diverse, tutte ambientate nella controversa età del Medioevo.
Sono i tempi di Ludovico il Moro e alla sua corte, il giorno della Vigilia di Natale, fremono i preparativi in vista del tanto atteso e sontuoso banchetto. Ai fornelli, per l’occasione, il cuoco di corte ha preparato un impasto d’eccezione, utilizzando una ricetta segreta tramandata di padre in figlio. Tuttavia, ironia della sorte, il cuoco dimentica di togliere dal forno il dolce così, bruciato ed immangiabile, il dessert delle grandi occasioni è andato letteralmente in fumo. Non tutto è perduto! Toni, uno dei servi di corte, aveva conservato un pezzetto dell’impasto da gustare a casa dopo il lavoro e lo aveva arricchito con uova, zucchero, frutta candita e uvetta. Ed è così che va in tavola, conquistando tutti i commensali. “Il pan di Toni” diventa così una tradizione del Natale, e non solo nella corte.
La seconda leggenda ha per protagonista Ughetto, falconiere di Ludovico il Moro, innamorato di Adalgisa, la figlia del fornaio Toni. Il loro è un amore ostacolato, così si fa assumere come garzone nella bottega e una notte, impastando il pane, aggiunge del burro e lo zucchero. Il pane di Toni in breve tempo diventa famoso in tutta la città e, in occasione delle festività natalizie, il garzone lo arricchisce ancora con cedro candito e uva sultanina. Un vero successo! Al forno i milanesi facevano la fila e non c’era tavola delle feste su cui non primeggiasse il “pan di Toni”. Da garzone a signore, Ughetto diventa ricco e sposa la bella Adalgisa.
La terza storia ci porta, invece, nel convento di suor Ughetta, che per deliziare il Natale delle consorelle aggiunge all’impasto del pane zucchero, uova, burro e cedro candito. Anche stavolta la bontà di questo pane speciale valica i confini del convento, conquistando i milanesi.
Di “un pan grande” ci parla anche il milanese Pietro Verri che nella sua “Storia di Milano” narra di una antica tradizione che risale a IX secolo: a Natale, quando la famiglia si stringeva attorno al focolare domestico, il capofamiglia spezzava questo pane, dividendolo tra tutti i commensali, in segno di comunione. Pare fosse diffusa anche l’usanza di conservarne una parte da mangiare il giorno di San Biagio.
Classico, con e senza canditi, ripieno di creme di ogni tipo e finanche salato, non è Natale senza panettone. La sua comparsa sui banconi delle pasticcerie è il segno dell’arrivo delle feste, ogni anno nuovi gusti e rinnovate tecniche di lievitazione ci regalano vere e proprie esperienze di gusto. Negli ultimi anni poi in vetta alle classifiche dei migliori panettoni d’Italia compaiono sempre più spesso mastri pasticceri del Mezzogiorno, che sono riusciti ad innovare e reinterpretare le proprie origini, attraverso l’originale impiego dei propri prodotti locali di eccellenza in una sinfonia di gusto in cui nord e sud si incontrano magnificamente.
Mariapia Mercurio