Ottobre 1963 - A poche ore dalla sua morte un incontro trasporterà Edith Piaf attraverso i ricordi, facendole ritrovare quelli che sono stati gli uomini della sua vita. Lo spettacolo vuole parlare della della Piaf senza entrare nell’ iperrealismo, evitando il rischio della narrazione didascalica che occhieggi alla fiction (già abbondantemente utilizzata sia in cinema che in teatro). La donna Edith si confronta con il suo mito, l’immortalità della sua figura e della sua arte con la fine della sua vita umana. Le canzoni, gli uomini, e gli episodi della sua vita si susseguono sulla scena con leggerezza e surrealismo: in un solo uomo (Azrael) lei rivede tutti quelli che l’hanno incontrata, aiutata, sfruttata, amata, odiata, . . . George Moustaki, Yves Montand, Charles Aznavour, Gilbert Becaup e Theo Sarapo. Tutti, in qualche modo, uguali, tranne lui, Marcel Cerdan l’unico grande amore di Edith. L’unico a non aver sfruttato il suo nome per diventare famoso, lui che veniva da un mondo diverso, quello dello sport, e che era già famosissimo, ma che un tragico destino le tolse e dal quale non si sarebbe mai separata, fino ed oltre la morte. Il testo, pensato e scritto per due interpreti di grande spessore, quali Francesca Marini e Massimo Masiello, rispettivamente nei ruoli della Piaf e di tutti gli uomini (o uno solo?) che con lei hanno cantato e vissuto, e che grazie a lei hanno avuto la possibilità di provare cosa significhi attraversare l’amore, l’arte, la gioia e il dolore. Uno spettacolo elegante e misurato, che vuole arrivare al cuore dello spettatore trasmettendogli tutte le emozioni vissute da un artista unica e straordinaria. L’allestimento scenico firmato da Tonino Di Ronza, i costumi di Maria Pennacchio, il disegno luci di Gaetano Liguori e non ultimo le meravigliose musiche del Maestro Lino Cannavacciuolo, fanno di questo spettacolo un piccolo capolavoro da non perdere.