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Il complesso monumentale di San Francesco d'Assisi a Eboli risale al 1286 ed è uno dei primi insediamenti francescani storicamente documentati. L'iter edificatorio dell'intero complesso subì vari interventi nel tempo. Nel 1349 fu restaurato il campanile, nel 1586 fu modificato tutto il complesso secondo la moda del tempo. Evidenti presenze architettoniche e decorative ci documentano inoltre le trasformazioni settecentesche. Il complesso giunge così fino al 7 agosto 1806 anno in cui fu soppresso dalle leggi napoleoniche. Il 22 agosto 1811 riaprì al culto solo la chiesa, mentre gli spaziosi locali del convento furono adibiti a sede municipale, a pretura, a funzioni scolastiche. La struttura fu notevolmente danneggiata dai bombardamenti del 1943, ma mentre la chiesa fu restaurata e riaperta al culto nel 1958, il convento rimaneva allo stato di rudere. Solo nel 1993 anche il convento è stato riaperto.
Impostato su una pianta a "L", il Convento presenta i segni della ristrutturazione cinquecentesca, più evidenti di quella del Settecento. Interessante é la grande cisterna interrata, ubicata al centro del chiostro, intorno al quale si sviluppa sui tre lati il portico coperto con volte a vele impostate su arcate sorrette da pilastri decorati con lesene e colonne. Al piano superiore un secondo ordine di lesene e colonne tra le quali si aprono finestre rettangolari con timpani curvilinei. Dal piano terra, mediante un ampio scalone si accede in un ampio ambiente coperto a capriate lignee.

La Chiesa, costruita in stile gotico con facciata a capanna compatta, fu aggiornata al gusto settecentesco con decorazioni barocche. Gli eventi bellici dell’ultima guerra provocarono purtroppo la distruzione delle decorazioni barocche costituite da guglie, lesene laterali e da un finestrone polilobato, oggi sostituito da un oculo. Dell’antica facciata è rimasto intatto solo il semplice portale in stile gotico a sesto acuto, decorato da una cornice nella quale è scolpito uno stilizzato fregio vegetale. Distrutta fu anche la costruzione che era ubicata a sinistra della facciata, molto probabilmente spazio sacro. Ciò è testimoniato dalla presenza di un affresco esterno ancora esistente in un arcosolio. Decorato con una serie di cerchi intrecciati con un nastro, all’interno dei quali sono fronde e frutti di melograni, esso è un affresco cinquecentesco che, benchè deteriorato, permette di individuare le figure di Tobiolo guidato dall’Angelo, con San Leonardo al centro e San Francesco a sinistra. L’interno della chiesa a unica navata, coperta da tetto a falde, sorrette da capriate lignee, ha subito un intervento di restauro nel 1957, in seguito al quale sono stati conservati i due più importanti motivi stilistici (gotico e barocco). Nel restauro furono eliminate la volta e le sovrastrutture barocche danneggiate dai bombardamenti, conservando il barocco lungo la navata, fino al cornicione, e quindi le pareti con gli altari settecenteschi. Esse sono scandite da arcate in cui vi sono pilatri decorati con lesene e capitelli in stile corinzio sormontati da una trabeazione con cornice aggettante; al di sopra si svolge un ordine di monofore ad ogiva. Ogni altare in marmo policromo ha lo jus Patronus di una famiglia ebolitana.

Partendo dall’ingresso dell’aula, sul primo altare a sinistra, si può ammirare un dipinto raffigurante Santa Lucia e San Bonaventura del XVIII secolo, attribuibile a Paolo de Matteis, come è attestato da un documento. L’altare appartiene alla famiglia Romano Cesareo. Sul secondo altare vi è “La Crocifissione” (1720 – 1750) del maestro solimenesco Nicola Maria Rossi (Napoli 1690 – 1758), commissionato dalla famiglia Mirto. Il terzo altare, con la statua della Madonna del Carmelo, appartiene alla famiglia Campagna. Infine il quarto altare, di diritto padronato del Comune di Eboli, è impreziosito dalla statua della Immacolata. In prosecuzione, dopo l’arco trionfale, sulla parete opposta, il primo altare appartiene alla famiglia Viviani. Sul secondo altare è collocata la statua di San Vincenzo Ferrer della famiglia Novella – De Cristofaro. Sul successivo vi è la statua di Santa Irene, patrona minore di Eboli, fatta erigere nel 1753 dal reverendo padre Evangelista Motta per proteggere la città dalle cadute di saette e tuoni. Infine, sul quarto altare, il dipinto raffigurante San Gerardo Maiella. In stile gotico sono invece i finestroni della navata, l'arco trionfale, la zona del coro e l'abside. Sulla volta dell'abside, divisa in otto spicchi, sono raffigurati i profeti, attribuiti a fasi alterne ad Andrea Sabatini di Salerno e Agostino Tesauro suo discepolo, pittori operanti nella prima metà del Cinquecento. Gli affreschi furono notati nel novembre del 1942, all'interno di una falsa cupola ad incannucciata realizzata certamente durante i restauri settecenteschi. Tutto il ciclo assume un preciso significato di esaltazione di Cristo e della Vergine espresso dalle figure dei Patriarchi e Profeti e dalle profezie messianiche. Vi sono raffigurati: Isacco, la cui figura è quasi completamente scomparsa, Giacobbe e, nell'ordine, Ezechiele, Gioele ed Esdra, poi Giona ed infine Abacuc. Ad Agostino Tesauro è attribuito il dipinto presente sulla parete centrale dell'abside, ove è rappresentata la scena della leggenda di San Giorgio che libera la principessa dal drago, mentre, al di sotto e ai lati della grande monofora, il Martirio di Sant'Erasmo e il Martirio di San Felice opera di Giovanni Luce de Magistro di Eboli. La zona prospiciente l'altare è corredata a destra da un dipinto raffigurante “Lo sposalizio della Vergine” del XIX secolo - attribuito all'artista Desiderio - e commissionato dalla famiglia Ferrari; a sinistra è il dipinto di “San Antonio e il bambino” commissionato dalla famiglia Romano. La zona dell'abside è arricchita da un dipinto raffigurante un “Ecce Homo” del XIX secolo, commissionato dalla famiglia Viviani, e da un'opera del XVIII secolo che ritrae “L'Istituzione del Cordigerato”, commissionata dalla famiglia Campagna. In fine marmo policromo è l'altare maggiore della prima metà del XVIII secolo della grande tradizione barocca mediterranea; dietro di esso, di notevole interesse scultoreo, è il Tabernacolo del XVI secolo di Jacopo della Pila, attribuito invece alla bottega di Girolamo Santacroce dallo storico Gerardo Pecci, un tempo utilizzato per l'Eucarestia come dimostrano gli angeli in adorazione ai lati dello sportello e lo Spirito Santo nel frontone.

Nell'attuale sacrestia, una volta cappella gentilizia della famiglia Potifredus, è ancora visibile la lastra tombale marmorea del Miles Potifredo del 1324. Contigua alla lastra è l'insegna più rilevata, nella quale è rappresentato lo stemma della famiglia Rago - Perrotta. Segno tangibile della cappella è la presenza di un portale in pietra su cui si legge un'epigrafe risalente al 1521. Altri due monumenti funebri sono all'ingresso della chiesa. Il primo del 1578 appartiene alla famiglia De Troiano; l'altro ai De Fulgione – De Cristofaro della prima metà del '600. Altre lapidi, antistanti i singoli altari, recavano notizie sulle famiglie che avevano i relativi diritti di sepoltura e padronato degli altari sovrastanti; furono danneggiate durante i bombardamenti del '43 e rimosse nel corso dei lavori di restauro del 1957. Arricchiva il corredo della chiesa un dipinto su tavola su fondo oro rappresentante la Crocifissione (1330-1340) di Roberto d'Oderisio, allievo di Giotto e capo della scuola napoletana, operante nella seconda metà del 1300 presso la corte Angioina. L'opera è conservata nel Museo Diocesano di Salerno. Altro autorevole pittore rappresentato nella chiesa è Andrea Sabatini da Salerno autore della Madonna di Costantinopoli (1518) opera vista nella sacrestia della chiesa alla fine del secolo scorso ed ora nel Museo Diocesano di Salerno. E' invece stato restituito alla Città di Eboli e conservato nella chiesa di S. Francesco, il trittico del 1472, con “Madonna e Santi”, del pittore Pavanino di Palermo: l'opera, rubata nel 1990 dalla chiesa di San Biagio, dopo il ritrovamento, è stata recentemente restaurata, prima di essere consegnata alla Chiesa di San Francesco.

Il complesso monumentale ospita la Biblioteca Comunale Simone Augelluzzi, che vanta un patrimonio complessivo di circa 19.000 documenti cartacei e multimediali. ll nucleo principale della biblioteca comunale è costituito dal patrimonio librario della "Federazione Biblioteche Ebolitane", fondata da don Simone Augelluzzi nel 1926 e donata al Comune di Eboli dal professor Paolo Merola, allievo dell'Augelluzzi, e che custodì sapientemente il prezioso materiale librario e documentario ereditato dal suo maestro, consegnandolo intatto alle future generazioni. Al professor Paolo Merola è intitolata la sala antica della biblioteca comunale. La biblioteca ospita anche Archivio fotografico Luigi Gallotta: attraverso una collezione di 45.000 negativi in lastre e pellicole di vario tipo, racconta in modo fedele e allo stesso tempo affascinante la storia di Eboli e della Piana del Sele, documentando i tanti eventi, spesso drammatici, che si sono succeduti in queste terre dal 1920 agli anni Novanta. Gran parte dell’archivio è costituito dagli scatti del fotografo ebolitano Luigi Gallotta, a cui l'archivio è dedicato. Nato ad Eboli nel 1898, negli anni del fascismo diventò fotografo della sezione salernitana del Pnf, documentando i principali avvenimenti istituzionali della zona: una sezione notevole dell'archivio riguarda infatti la cronaca delle manifestazioni, degli avvenimenti e delle opere pubbliche realizzate nel periodo fascista. Tuttavia la documentazione si estende anche al periodo della II guerra mondiale e agli anni della ricostruzione. Caduto il regime fascista, infatti, continuò nella sua opera di cronaca e storia, seguendo le tracce di un mondo contadino nella sua evoluzione, e riportando, in oltre novant’anni di attività professionale, le trasformazioni dei luoghi, degli usi, delle tradizioni del suo paese. L'antico Convento di San Francesco oggi è sede del Museo Archeologico Nazionale di Eboli e della Media Valle del Sele.

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