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L'espansione urbana continuò lungo il corso del secolo XIV quando, passata da Pietro d'Angiò - figlio di re Carlo II e fratello di re Roberto, conte di Eboli e di Gravina - al gran Siniscalco Roberto de Cabanni, Eboli dimostrava, sull'esempio di altri paesi della provincia (Salerno, Nocera, Teggiano), una discreta vitalità interna, sottolineata nel 1341 dalla presenza della Universitas plebeiorum, corporazione di popolari in antagonismo con i nobili, amministratrice ed esattrice di beni, servizi e imposte. Nel 1419 la regina Giovanna II concesse Eboli, insieme al Principato di Salerno ed altre città, ad Antonio Colonna, nipote del pontefice Martino V. Divenuto oggetto di mercato, il feudo ebolitano sarà da questo momento venduto più volte per la ricerca del massimo profitto da parte del proprietario di turno. Si è già formato il quartiere lungo la dorsale di collegamento tra la collina del Castello e il rilievo conventuale dei francescani quando Eboli, dopo più di un decennio di signoria dei Colonna, diviene dal 1436 feudo dei Della Ratta, conti di Caserta. Si distinguevano nel commercio dell'olio e del grano e alla fiera di Salerno la vendita consentiva nel 1477 l'acquisto di panni di Perpignano, della Catalogna, stoffe di Firenze, di Verona, della Linguadoca, non solo per il consumo interno, ma anche per il mercato all'ingrosso verso l'Irpinia e la Basilicata. Anche la struttura urbana viene interessata dalla ripresa sociale ed economica e una zona in particolare risentì dello sviluppo generalizzato di questi anni: quella compresa tra le chiese di S. Nicola e S. Biagio. Per quanto riguarda i rapporti con il territorio, non va dimenticato che la città si è sempre trovata sul percorso della consolare Popilia, diventata Via delle Calabrie; anzi, in questo periodo, l'elenco dei passi obbligati, emergente dalla documentazione raccolta dalla Sommaria, dopo la pubblicazione dell'editto di riordinamento fiscale super passibus. Quest'editto preannuncia l'insorgere, nel dicembre 1485, della guerra intestina tra il re Ferrante I e i baroni locali, che diede luogo, da parte dei Sanseverino di Marsico, ad eventi militari lungo una linea difensiva i cui punti di rilevanza strategica erano Eboli, Mercato S. Severino, Giffoni, S. Giorgio. Ad assicurare Eboli al potere centrale, tuttavia, contribuì pure il matrimonio tra Caterina Della Ratta e Cesare d'Aragona, figlio naturale di Ferrante I: questo fattore non mancò di determinare occasioni di maggiore benessere, dovute proprio ai più stretti legami con il re. Divenuta Caterina vedova dell'Aragona, sposò in seconde nozze Andrea Matteo III Acquaviva d'Aragona a cui recò tra gli altri il feudo di Eboli che nel 1522 fu ceduto alla famiglia Sanseverino. Come in precedenza accennato, è il quartiere S. Nicola-Torretta quello maggiormente interessato dallo sviluppo urbanistico; infatti, altre testimonianze rinascimentali di fine XV secolo e prima metà del Cinquecento dimostrano che l'umidità del vicino Tufara non impedì l'urbanizzazione di questa zona, né dell'altra sponda del corso d'acqua, data la fondazione, nel 1491, del Convento della SS. Trinità ad opera dei frati Minori osservanti.

Nel periodo aragonese e spagnolo, Eboli mantiene il suo primato sul territorio; difatti è scelta da Filippo II di Spagna come sede di principato da assegnare al suo segretario di Stato Ruy Gomez de Silva, che si fregia così del titolo di Principe di Eboli.
Nel 1552 prende in sposa Anna de Mendoza, figlia del duca di Francavilla ed appartenente al casato reale. L'unione tra i due fu fortemente voluta proprio dal principe Filippo - futuro re di Spagna - e si svolse, in modo del tutto singolare, senza la presenza dello sposo, impegnato in delicati questioni di Stato all’estero. Dalla pelle molto chiara e dai capelli castano scuro, dotata di uno sguardo magnetico, Anna de Mendoza era considerata una delle donne più talentuose del suo tempo e, anche senza un occhio, una delle donne più belle e affascinanti delle corti spagnole ed europee: era molto ambiziosa e aveva un temperamento cangiante, dovuto forse anche all'incidente che la costrinse a portare una spessa lente opaca sull’occhio destro. Il loro matrimonio durò circa quattordici anni e vissero prevalentemente a Pastrana, in Spagna, dove Anna venne a conoscenza e rimase affascinata da Santa Teresa d’Avila e dalla sua Riforma, tanto da proporsi per la costruzione di un convento a Pastrana. Alla morte del marito divenne erede universale di un ingente patrimonio che ebbe molte difficoltà a gestire, tanto che il Re la richiamò e le ordinò di onorare il ruolo che le competeva piuttosto che dedicarsi alla vita monastica. Donna Anna si trasferì a Madrid, a corte, e da quel momento cominciarono le sue disavventure: la sua amicizia con Filippo II se da una parte la rese temuta a Corte e le consentì di costruire potenti rapporti d'amicizia, dall’altra diede adito a sospetti e dicerie sul fatto che lei potesse essere l'amante del Re. Passata alla storia come la Principessa di Eboli, il suo personaggio ancora oggi trova eco nei dibattiti storiografici e nella produzione letteraria.

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