In epoca romana Eboli veniva a trovarsi sull'asse di penetrazione verso la Lucania e che i Romani adottarono come preferenziale nella creazione della successiva strada consolare Popilia detta anche Regio-Capuam. Infatti, anche se questa è datata nella seconda metà del II secolo a.C., non si può escludere che il suo percorso venisse sfruttato anche prima, come testimoniano i resti di un porto ante-litteram e che i Romani ribattezzeranno Portus Alburnus: tipiche imbarcazioni chiamate "Lintra", risalivano il Sele dalla colonia greca pestana, cariche di merci, ed il capolinea era questa insenatura in cui vi erano degli attracchi sicuri. Da qui le merci venivano distribuite all'entroterra, proprio tramite la via consiliare. La presenza di questo itinerario, lungo 132 miglia e che apre a Roma il sud per la conquista militare-politica, potrebbe spiegare la romanizzazione del sito di Eboli anche indipendentemente dalla colonia latina di Paestum. In ogni caso sono emerse tracce concrete ad Eboli di una strada lastricata che potrebbe identificarsi con la Popilia, a sud-est, lungo la congiunzione tra le colline e la pianura, non lontano dalla Statale 19 delle Calabrie, che a grandi linee ripercorre l'antica consolare. Tale scoperta ripropone il problema del percorso della Popilia in rapporto al centro antico di Eboli, se cioè lo attraversasse provenendo da monte, come ha sostenuto Werner Johannowsky, o se ne interessasse il territorio costeggiando il fondo valle, com'è opinione del d'Agostino.
Che Eboli fosse poi diventata Municipium romano è provato da un'iscrizione su piedistallo (Stele Eburina) risalente al periodo imperiale, precisamente al 183 d.C. quando era imperatore Commodo e duumviri Caio Stlaccio Valente e Gneo Brinnio Steiano, scoperta nel 1903 e incastrata nel campanile della chiesa di S. Maria ad Intra. Vi si legge che la Corporazione dei dendrofori e dei fabri di Ebur(um) eresse una statua a Tito Flavio Silvano, dell'aristocrazia senatoria. Evidentemente costui aveva i suoi latifondi, rappresentati da boschi, nel territorio ebolitano, come si desume dal cognome Silvano e dall'offerta del monumento, fatta da boscaioli e da muratori. La presenza romana ad Eboli è attestata attraverso alcuni ritrovamenti, quali: il quartiere artigianale situato in località Ss.Cosma e Damiano, la villa romana in località Paterno, il basamento di una statua dedicata a Tito Flavio Silvano, un porto fluviale in località Aversana. La ragione di così scarsi reperti di epoca romana è dovuta alla distruzione della città, al passaggio dei Visigoti di Alarico nel 410 d.C. e dalle devastazioni che recarono le incursioni saracene del IX e X sec. d.C. oltre che all'incuria dell'uomo.